Misurare il tempo

Un’occhiata al display del telefonino e sappiamo subito che ore sono. Nell’antichità, invece, per misurare il tempo si usavano contare periodi o ritmi, come, per esempio, il battito del cuore o i pulsare del sangue nelle vene del polso, l’alternarsi del giorno e della notte, il ciclo delle stagioni.

Il primo calendario fu elaborato presso le civiltà agrarie, in seguito alla necessità di determinare i periodi della semina e del raccolto basati sul ciclo del Sole o della Luna, i principali calendari dell’antichità rispondevano proprio a queste esigenze. I metodi per suddividere la giornata in parti uguali erano determinati dalla direzione e dalla lunghezza dell’ombra proiettata dal sole tramite un’asta conficcata nel terreno (gnomone) o su un quadrante opportunamente tarato (meridiana). In assenza del sole, si ricorreva a clessidre alimentate da acqua o sabbia. Solo durante il Medioevo apparvero i primi orologi meccanici: venivano azionati da un peso che, scendendo progressivamente, svolgeva una corda intorno ad una ruota, collegata alla lancetta delle ore per mezzo di ingranaggi; era assente la lancetta dei minuti. In seguito agli studi di Galileo, verso la metà del XVII secolo, fu costruito in Olanda il primo orologio a pendolo che, successivamente migliorato e perfezionato, rimase come modello di precisione fino alla costruzione dei primi orologi al quarzo, in cui le oscillazioni sono prodotte dalla vibrazione di piccoli cristalli di quarzo, sollecitati da una corrente elettrica alternata. Oggi, però, la precisione maggiore è assicurata dagli orologi atomici, tra cui ricordiamo il maser a idrogeno: si è calcolato che può sbagliare al massimo di 1 secondo ogni 3000 secoli! L’unità di misura del tempo è il secondo: per lungo tempo definita come la ottantaseimilaquattrocentesima parte del giorno solare, dal 1967 ha ricevuto una nuova definizione legata alla vibrazione naturale dell’atomo del cesio 133.