La storia del vetro
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- Creato: 03 Giugno 2016
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Un’antica leggenda, riportata dallo storico romano Plinio, racconta che un gruppo di marinai fenici accesero un fuoco sulla spiaggia per riscaldarsi dopo una tempesta. Si accorsero, che dalla sabbia, a contatto con il calore della fiamma, fluiva una sostanza viscosa e trasparente, che raffreddandosi solidificava. In realtà si ritiene che le prime tecniche di vetrificazione siano state introdotte in Mesopotamia, intorno al III millennio a. C.: le tegole d’argilla che ricoprivano le case dei nobili venivano rivestite con uno strato vetroso in grado di isolare meglio e di creare preziosi giochi cromatici sotto i riflessi del sole.
Le antiche tecniche di lavorazione

La lavorazione tradizionale prevedeva un impasto di sabbia e argilla, introdotto in una fornace ad alta temperatura, in modo da ottenere una miscela allo stato liquido: l’impasto veniva poi versato in un apposito stampo modellato secondo la forma dell’oggetto. La tecnica della soffiatura fu invece scoperta dai Siriani intorno al I secolo a. C., ed è arrivata a noi pressoché invariata: consiste nell’insufflare aria in una canna, alla cui estremità è collocata una certa quantità di impasto fluido ancora caldo. L’ abilità del soffiatore nel dosare la quantità d’aria e nel ruotare opportunamente la canna consente di ottenere oggetti straordinari, di forma e dimensione voluta. Con l’avvento della soffiatura il vetro conobbe una notevole diffusione, in particolare quello cavo.
Vetri romani
In epoca romana l’uso del vetro si diffuse ampiamente, non solo per contenitori e bicchieri, ma anche per chiudere le finestre. Nell’immagine possiamo osservare alcuni contenitori di vetro, rinvenuti negli scavi di Pompei.
Le vetrate
La tecnica della vetrata consiste nel collegare tra loro, mediante un reticolo fatto di piombo, numerosi pezzi di vetro colorato, in modo da configurare immagini o motivi ornamentali. Questi divengono visibili in controluce, tra giochi di trasparenze. Nel periodo dell’Arte gotica, a partire dal XIII secolo, furono realizzate splendide vetrate per chiudere le grandi finestre delle altissime cattedrali: da esse, cascate di luce colorata si riversavano sui fedeli, illuminando scene e storie della Bibbia: nell’immagine a destra, osserviamo una vetrata della cattedrale di Chartres che illustra l’episodio biblico di Caino e Abele. Una più dettagliata definizione delle figure, in particolare dei volti e dei panneggi degli abiti, avveniva attraverso un intervento pittorico diretto sul vetro: per questo veniva usata la grisaille (o grisaglia), una tinta scura che si fissava attraverso una seconda cottura. L’ uso di vetrate è stato ripreso in epoca Liberty e poi da molti artisti del Novecento: citiamo, tra tutti, Marc Chagall e Henri Matisse.
La lavorazione del vetro a Murano
Fu però nella laguna veneta, a Murano in particolare, che l’arte vetraria conobbe la sua massima espressione, nel Medioevo e soprattutto nel Rinascimento: i segreti di quell’arte, gelosamente custoditi, sono arrivati fino a oggi, producendo una miriade di oggetti in vetro di stupefacente bellezza. Venezia impose la sua arte vetraria in tutta Europa fino intorno al Seicento, quando il gusto si orientò prevalentemente sul massiccio e incolore cristallo.
Il cristallo di Boemia

Nella produzione e nella lavorazione del cristallo prevalsero gli artigiani della Boemia (Repubblica Ceca) e della Slesia, abilissimi nelle tecniche di incisione e molatura.
L’industria vetraria
Nel XIX secolo si cominciò a parlare di industria vetraria: accanto alle produzioni artigianali e artistiche si sviluppò rapidamente la lavorazione di vetro per uso tecnico, con produzione di contenitori vari e lastre per serramenti.
Nel 1881 sorse a Jena, in Germania, il primo laboratorio scientifico sul vetro e si cominciò a produrre vetro per ottica. È proprio in questi usi tecnici che il vetro si è rivelato, ancor oggi, materiale per certi versi insostituibile.